Alessia Muzio (Centro Studi Aifi): "Abbiamo bisogno di più investimenti in quote di minoranza in Italia"

Redazione BacktoWork 29/04/2022

AIFI, Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, è dal 1986 un punto di riferimento in Italia nel mondo degli investimenti, per la propria attività di promozione e rappresentanza istituzionale in tale ambito.

In particolare il suo ufficio studi produce i report più aggiornati e dettagliati sull’andamento del PE e del VC nel nostro Paese, ed è per questo che abbiamo voluto parlare con la sua responsabile, Alessia Muzio, per capire come anche in Italia tali investimenti stiano crescendo, quali siano le dinamiche più interessanti del momento.

Buongiorno dottoressa Muzio, grazie per avere acconsentito ad incontrarci. Vorrei chiederle innanzitutto se comincia a esservi un impatto della guerra sugli investimenti di cui vi occupate, in particolare di Private Equity e Venture Capital

Noi raccogliamo i dati semestralmente e ancora non abbiamo informazioni dettagliate su ciò che è accaduto negli ultimi due mesi. Ma l’Osservatorio Private Equity Monitor della Liuc Business School, con cui collaboriamo, mostra in questa prima parte dell’anno ancora tante operazioni, 81 nel primo trimestre, di cui 29 nel solo mese di marzo, sembrando quasi non risentire delle tensioni che caratterizzano, di contro, numerosi comparti dell’economia. 

A causa dell’aumentata incertezza sicuramente vi sarà un grande lavoro, da parte degli operatori, sulle società che hanno già in portafoglio: costruire piani, strategie, fare opera di rafforzamento delle imprese.

In generale, il mondo del private capital, in tutte le sue diramazioni, non solo Private Equity e Venture Capital, ma anche Private Debt, è sempre più conosciuto, e non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dagli imprenditori. Tante operazioni, una volta viste da alcuni di questi magari come qualcosa di negativo, ora sono percepite come un aiuto concreto che consente all’azienda di crescere e superare un momento di incertezza. 

Nel 2020 avevamo visto che gli investimenti in startup o aziende innovative avevano seguito un andamento anti-ciclico, crescevano, mentre avanzava la recessione

In generale il 2020 aveva visto buoni risultati nel mercato nel private capital. Nello specifico, con riferimento alle start up, ha pesato anche la nascita di CDP Venture Capital SGR, che ha l’obiettivo di rendere il venture capital un asse portante dello sviluppo economico e dell’innovazione del Paese.

Inoltre, non solo nel venture capital ma in generale nel private capital, negli ultimi anni sono nati alcuni nuovi operatori, nuovi fondi, sia in Italia che a livello internazionale, con l’attenzione da parte di questi ultimi che rimane molto elevata nei confronti del nostro paese.

La crescita della raccolta, inoltre, fa ben sperare anche per gli anni successivi.

Nel 2021 sono le operazioni nella fase di early stage quelle che sono cresciute di più. Questo è un dato positivo o significa invece che per quanto riguarda lo stadio più avanzato di un’azienda i progressi sono ancora limitati?

Come detto, sicuramente dal lato degli investimenti in VC a influenzare i dati del 2021 vi è stato il ruolo di CdP Venture Capital, che realizza veramente tante operazioni.

Dall’altro lato ha avuto un peso la nascita di nuovi operatori, soprattutto non generalisti, ma focalizzati su specifici settori, come le biotecnologie, il medicale o l’ICT, comparti su cui lavorano molte startup. 

Questo ha sicuramente favorito il mercato, anche se i numeri sono ancora distanti da quelli di altri Paesi, come per esempio la Francia, soprattutto nelle operazioni di sviluppo e crescita.

Su questo si deve lavorare ancora molto, ma i passi avanti ci sono stati. 

Latita ancora un po’ la parte di mid market, con particolare riferimento alle operazioni di expansion.

Da questo punto di vista, a limitare la crescita degli investimenti in aziende in fasi più avanzate vi è una carenza di operatori, di capitali, o di imprese?

Le imprese non mancano sicuramente. Ci sono ancora pochi operatori che fanno investimenti in questa fase. Gran parte fa operazioni di maggioranza. Farle di minoranza è qualcosa di complicato, è un mestiere difficile, soprattutto se si pensa alle caratteristiche della media impresa italiana.

Quindi vi è un aspetto strutturale? L’imprenditore italiano fatica ad accettare nuovi soci?

Sicuramente era vero in passato, un po’ meno oggi. È più che altro difficile raccogliere capitali per poi usarli per entrare in minoranza in un’impresa magari familiare. 

Ci vorrebbero più operatori che facessero operazioni di questo tipo, come in Francia, così come quelli focalizzati su operazioni di turnaround, a supporto delle imprese in temporanea difficoltà. 

A livello settoriale, invece, sembra essere diminuito il peso degli investimenti in High Tech sul totale. Quali sono i comparti che hanno avuto più successo?

Anche se l’Ict, soprattutto per quanto riguarda le startup, rimane in assoluto l’ambito con più operazioni, sono emersi il biomedicale e le biotecnologie, anche per la nascita, come dicevo, di fondi appositi. 

Rimane importantissimo anche il segmento dei beni e servizi industriali.

Ci sono poi fondi esteri, europei ed extra-europei, che si sono dedicati ai settori classici del Made in Italy, come la moda e l’agro-alimentare. 

Negli ultimi anni, poi, è emerso il grande tema delle infrastrutture.

Riguardo a queste nel 2021 vi è stato un boom. Si è trattato soprattutto di investimenti pubblici e di Cdp o c’è anche altro?

Anche soggetti privati hanno avviato operazioni importanti, per esempio nell'ambito delle telecomunicazioni e della fibra. Poi naturalmente ci sono i segmenti delle strade, delle autostrade, dei porti, quelli legati all’energia. Sono settori in cui gli investimenti non potranno che crescere ancora nel prossimo futuro.

Anche per il Pnrr, immagino

Certamente.

Negli investimenti in infrastrutture o nei settori interessati dal Pnrr, per esempio ci può essere spazio anche per le startup, e non solo per il pubblico o le grandi imprese?

Sì, abbiamo analizzato per esempio tutto il segmento della digitalizzazione e della transizione ecologica e solo per il 2021 abbiamo contato 75 operazioni riguardanti startup in questi campi.

Sono aziende che, proprio perché operanti in settori innovativi e cruciali nell'ambito del Pnrr, tendono a crescere, diventare grandi, magari tramite round di Venture Capital o Private Equity. Sicuramente possono dare un grande contributo. 

Passando dall’ambito settoriale a quello geografico anche nei vostri report si nota un divario interno molto ampio in Italia: gli investimenti del Sud sono una frazione molto piccola, che non è cresciuta ultimamente. È un dato strutturale, immagino

Si tratta in effetti di un dato costante nel tempo. Dobbiamo però anche sottolineare che la grandissima parte degli operatori ha sede in Lombardia, soprattutto a Milano. Questo è un aspetto importantissimo da tenere in considerazione. 

Spesso l’operatore di Venture Capital o Private Equity va in azienda, la visita, e questo è più difficile se vi è molta lontananza geografica. 

Ciò non toglie che vi siano state operazioni interessanti anche al di fuori del Nord. Ora vi è un fondo di Invitalia, “Cresci al Sud”, e la speranza è che possa aiutare a migliorare i numeri delle regioni del Mezzogiorno. 

Del resto anche in altri Paesi gli investimenti di questo tipo, di Venture Capital, sono concentrati in alcune aree, per esempio in Francia nella regione parigina

Esatto, e infatti quella di Parigi è la prima d’Europa da questo punto di vista. Vale lo stesso discorso anche altrove. 

Per questo 2022 possiamo avere un po’ di ottimismo, o è ancora presto per esprimerci?

È veramente presto. L’incertezza è molta, a maggior ragione perché veniamo da un periodo in cui questa era già molta e che speravamo fosse giunta alla fine. 

Ci saranno comunque, credo, molte operazioni, e in ogni caso vi sarà molto lavoro che sarà fatto, come dicevo, sulle aziende già in portafoglio. Gli operatori metteranno a disposizione, ancora più che in passato, competenze, esperienza, network, non solo capitali.


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