Investire nelle aziende che si occupano di efficienza e risparmio energetico, se non ora quando?

Gianni Balduzzi 08/04/2022

Ci siamo abituati a pensare in questi ultimi anni che incrementare i flussi di capitali verso quelle aziende, spesso delle startup, che si occupano di energie rinnovabili o di efficienza energetica avrebbe unito le esigenze dell’economia e quelle del clima, spesso messe in contrapposizione. 

Non è un caso che, infatti, nel gergo della comunità finanziaria si sono chiamate Climate Tech. Oggi, con la guerra in Ucraina che sta sconvolgendo tutte le previsioni di crescita e di ripresa dalla crisi pandemica ci accorgiamo che dare più forza a chi punta a utilizzare meno gas e meno petrolio per far lavorare le aziende, riscaldare le case o muoversi è essenziale per un terzo motivo. 

Oltre ai benefici per il clima e a quelli economici vi sono anche quelli geo-politici, tornati prepotentemente alla ribalta. 

Vi è l’esigenza di non dipendere in modo così massiccio dalle forniture di aree del mondo instabili, con leadership non affidabili o impresentabili. Non si tratta solo della Russia, ma anche di molti altri partner commerciali in Medio Oriente e in Asia, cui gli Stati europei, e in particolare Italia e Germania, si sono affidati per le proprie forniture energetiche

Se la strategia di breve periodo non può che essere trovare nuove fonti di approvvigionamento, anche a costo di ricorrere ad alcune più inquinanti o di stringere accordi con altri leader non democratici, nel medio e nel lungo è solo una rivoluzione tecnologica che può rendere meno pesanti alcuni legami imbarazzanti.

920 miliardi di dollari gli investimenti nella transizione climatica e nelle climate-tech nel 2021 a livello globale

Un buon punto di partenza è costituito sicuramente dagli investimenti realizzati finora in tutto quello che è l’ambito della transizione climatica, in cui i temi energetici fanno la parte del leone.

Il 2021 è stato un anno record in questo senso. Gli stanziamenti complessivi nel mondo sono arrivati alla cifra record di 920 miliardi di dollari.

Questo dato, fornito da Bloomberg, si riferisce sia agli investimenti pubblici e privati nella transizione climatica, sia a quelli nelle climate-tech, le aziende tecnologiche che operano nel campo della decarbonizzazione e delle energie alternative.

Per ora sono i primi ad essere maggioritari, essendo arrivati a ben 755 miliardi, una cifra in netta crescita rispetto ai 595 miliardi del 2020, ai 506 del 2019 e ai 472 del 2018. 

La pandemia non ha portato a una contrazione dei flussi in questo campo, anzi, vi è stata un’accelerazione. Provocata in particolare dal balzo del 77% degli investimenti nella mobilità elettrica, che sono arrivati a 273 miliardi. L’importanza della crescita di questo segmento è dovuta anche al fatto che con i sistemi di ricarica bidirezionale auto, bus, camion e treni elettrici possono contribuire in modo decisivo al risparmio energetico.

La fetta maggiore dei 755 miliardi rimane però quella che fa riferimento alle fonti rinnovabili, i cui nuovi impianti hanno raccolto 366 miliardi di investimenti, il 6,5% in più rispetto all’anno precedente. Inutile sottolineare come anche questo ambito sia decisivo: più saremo capaci di ricavare energia da vento, sole, acqua, biomasse, meno saremo dipendenti dai fornitori di petrolio e gas nelle aree più calde del globo

68,5 dei 165 miliardi di capitali investiti in climate-tech sono diretti al segmento energetico

Gli investimenti più interessanti, però, sono probabilmente quelli che hanno come destinazione le aziende climate-tech, una parte importante della quali sono startup. Si tratta di 165 miliardi nel 2021. 

La maggioranza relativa, 68,5, è rappresentata dai capitali che sono giunti a quelle che si occupano di energia, in particolare nel campo del solare e dell’idrogeno. 

Dopo questo segmento vi è quello dei trasporti e della mobilità: insieme monopolizzano la raccolta, con 135,9 miliardi in tutto. 

Dal punto di vista dei canali di investimento 111 miliardi sono provenuti dal mercato aperto, tramite IPO (Initial Public Offering) o veicoli come gli SPAC (Special Purpose Acquisition Companies), mentre 53,7 da operazioni di Venture Capital e Private Equity, che si sono rivolte in particolare a startup, anche in questo caso prevalentemente del campo dell’energia e della mobilità sostenibile. 

Guida la Cina, l’Europa rincorre

Vi è però un aspetto da sottolineare: tutti questi numeri si riferiscono agli investimenti globali, in tutto il mondo. Solo poco più della metà, però, riguarda il mondo occidentale, e ancora meno l’Europa. 

Bloomberg fornisce le statistiche sui 755 miliardi della transizione energetica, la quota maggioritaria dei 920 complessivi. Di questi nel 2021 ben 368 provenivano dalla macro-regione Asia-Pacifico, in cui la parte del leone la fa naturalmente la Cina, con ben 266 miliardi di dollari in tutto. 

Gli investimenti del Paese più popoloso del mondo hanno visto un incremento di ben il 60% rispetto all’anno precedente. Molto più intenso di quello che ha caratterizzato l’afflusso di capitali in questo campo che hanno interessato l’area Emea (Europe, Middle East, Africa), cresciuto del 16% fino a 236 miliardi. 

Anche le Americhe hanno visto progressi maggiori dei nostri: l’aumento è stato del 21%, e ha consentito di arrivare a investimenti di 150 miliardi. 

All’interno dell’Europa la Germania, con 47 miliardi di dollari supera il Regno Unito, 31 miliardi, e la Francia, 27, ma nella top ten mondiale vi è anche la Spagna, con 11 miliardi, mentre non compare l’Italia. 

A caratterizzare i Paesi europei è la prevalenza, come destinazione dei capitali, di aziende del settore della mobilità elettrica, mentre altrove, il segmento dell’energia ha molta più importanza.

Questi dati appaiono come l’ennesima dimostrazione che è questo settore a rappresentare il futuro di una parte importante del mondo degli investimenti pubblici e privati, del Venture Capital e del Private Equity. La grande importanza che vi attribuisce la Cina è indicativa in tal senso. 

Il fatto che ora ci troviamo a inseguirla è un altro elemento che deve spingerci ad accelerare. Ma è soprattutto la congiuntura attuale, in cui una maggiore efficienza energetica appare come un imperativo economico, che ci fa capire che siamo di fronte al momento ideale per investire sia nelle opere necessarie alla transizione climatiche che nelle climate tech. Questo è un segmento che vede così tante realtà aver superato la fase early stage e che può garantire ritorni importanti. Sia all’investitore che, attraverso le numerose esternalità positive, a tutta la soceità.


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