Paolo Sangalli, ex Vicepresidente IBM Italia: “Imprenditori di Pmi e startup, imparate la finanza”

Gianni Balduzzi 03/09/2020

Abbiamo incontrato un altro protagonista del mondo dell’impresa in Italia. In questa occasione si tratta di Paolo Sangalli, ex Vice Presidente di IBM Italia, CEO altresì di IBM Servizi Finanziari, già CFO di Global Technology Services (GTS), linea di business principale di IBM, grande esperto nonchè sostenitore dell’importanza dell’ambito finanza e controllo in un’azienda.

Grazie per il suo tempo dottor Sangalli, lei da dentro IBM ha avuto modo di incontrare durante la sua carriera molte piccole imprese, quali sono a suo dire i loro pregi e difetti?

Ogni caso va da sè, naturalmente, ma partendo dai difetti in generale possiamo dire che il principale problema delle pmi è finanziario, spesso un imprenditore pensa di buttare nei costi dell’azienda un po’ tutte le spese, anche personali, della famiglia riducendo i possibili utili. Vi è poi un problema di sotto-capitalizzazione, capita di vedere una piccola impresa fatturare 3-4 milioni con un capitale sociale di appena 100-200 mila euro. Non sarebbe un problema se gli utili venissero lasciati all’interno della società così da innalzare l’equity value, per esempio a un milione, ma spesso appunto questo non accade.

Ci sono però tanti esempi di imprenditori illuminati, che tipicamente sanno rapportare i costi alle effettive capacità di vendita. Ho visto tanti accontentarsi di uno stipendio fisso lasciando praticamente tutto l’utile in azienda. Sono quelle aziende che non a caso sono poi divenute appetibili per gli investitori.

E un pregio in particolare delle PMI italiane rispetto ad altre?

Sicuramente la creatività dell’imprenditore della piccola e media impresa, muovendosi in un contesto non facile e burocratizzato come quello italiano, in cui sa mettere allo stesso tempo volontà e determinazione. Ho avuto rapporti con colleghi internazionali che a loro volta avevano a che fare con pmi di altri Paesi, il mio collega tedesco aveva, nonostante gestisse un giro d’affari 5 volte maggiore del mio in Italia, un quinto delle aziende come partner, essendoci là soprattutto aziende medio-grandi. 

Qui vi è una varietà di imprese molto superiore e ho potuto constatare la voglia e la determinazione a trovare sempre una soluzione, economica o finanziaria, con flessibilità, ascoltando i consigli che davamo loro.

E se un consiglio lo dovesse dare alle nuove piccole imprese di oggi, agli imprenditori delle startup, cosa direbbe?

Di farsi innanzitutto una cultura finanziaria, anche attraverso corsi, ve ne sono di molto abbordabili.

Il solo fatturare o sviluppare un prodotto non è sufficiente. Anche se come molto spesso accade sono ingegneri gli imprenditori di queste imprese devono acquisire un background finanziario, non si può pensare di crescere senza avere presente i flussi di cassa, il cash in e il cash out, senza conoscere il concetto di ROI, Return On Investment, o ROE, Return On Equity.

Si deve avere la possibilità di finanziare la propria attività, la crescita del fatturato.

Gran parte dei fallimenti di startup sono causati dalla mancanza di conoscenza dei flussi finanziari. A volte si dovrebbe avere l’accortezza di crescere più lentamente per poter avere incassi adeguati rispetto alle attività invece che continuare a prendere ordini che depauperano la cassa con investimenti di cui non si sanno i tempi di ritorno. 

Ovviamente questi problemi possono essere alleviati dall’arrivo di un investitore importante, ma è un cane che si morde la coda, l’investitore è naturalmente attirato non dal fatturato in sè, ma dall’EBITDA, il margine operativo lordo, e da un equilibrio di cassa.

Parlavamo della sotto-capitalizzazione, come si potrebbe ovviare a questo problema?

In Italia vi è un problema culturale, ci sono ancora resistenze e incomprensioni sull’investimento in equity, anche in crowdfunding, l’italiano medio pensa alla “fregatura”, ci deve essere allora uno scatto dell’imprenditore della pmi che mettendo da parte le proprie remore deve capire l’esigenza di trovare un socio che possa dare un sostegno finanziario, rafforzando l’impresa e influendo nella governance o addirittura facendosi acquisire rimanendo magari anche per 12-24 mesi ad amministrarla con più fondi prima della exit completa, ormai ci sono diverse aziende che si occupano di queste operazioni, ed è una buona notizia.

Naturalmente poi dipende anche dal mercato in cui ci si trova, o dalla presenza di fondi regionali o europei, anche se ottenere tali finanziamenti è sempre un percorso irto, ma a maggior ragione allora è consigliabile acquisire le competenze e l’esperienza di un nuovo socio.

Grazie mille per il suo tempo, dott. Sangalli

Grazie a voi


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