Massimo Dal Checco (SIDI Group): "Collaborare con le startup apre a nuovi scenari e aiuta le aziende a crescere”

Gianni Balduzzi 27/12/2021

Transizione digitale ed energetica, come si intrecciano e si rivelano cruciali per le imprese italiane, sia quando operano nel nostro Paese, sia quando investono all’estero, e poi startup e sinergie tra queste e le medie imprese. 

Di questo e altro abbiamo parlato con Massimo Dal Checco, CEO di SIDI, uno dei principali partner SAP in Italia, Presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo e CEO di Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria e quindi tra coloro che in Italia sono più titolati a parlare di questi temi.

Grazie per avere accettato di incontrarci, dottor Dal Checco. Partirei dal campo di attività di SIDI Group, ovvero l’innovazione di processo e la digitalizzazione. La domanda di sistemi informativi sempre più aggiornati sta crescendo, perché sono così importanti?

La digitalizzazione serve a migliorare la governance dell’impresa ma l’aspetto più strategico è utilizzarla per prepararsi ad abilitare modelli di business prima difficili da applicare. 

Le aziende che hanno investito nel digitale mostrano performance superiori alle altre. Spesso nel passato investire in digitale era visto solo come un costo e il vertice aziendale non si interessava direttamente, quindi non potendone sfruttare al meglio le potenzialità. 

Il tempo ha dato ragione a chi ha utilizzato la digitalizzazione integrata alla strategia aziendale. Questo può far apprendere in particolare alla piccola e media impresa che questi non sono temi teorici ma di sostanza, cruciali per poter rimanere competitivi sul mercato. Per chi non digitalizza la propria azienda il rischio non è solo di guadagnare meno ma di essere tagliate fuori da filiere o da settori merceologici. 

Inoltre la transizione digitale è uno dei pilastri per competere non solo a livello nazionale ma anche e soprattutto  internazionale.

E questo è stato compreso in misura maggiore nell’ultimo periodo, quello della pandemia?

Sì, anche perché la tecnologia non si ferma, ma avanza a una velocità impressionante. Tra l’altro con l’affermazione del Cloud e del private Cloud, possiamo citare ad esempio l’ultima offering RISE with SAP, non ci sono più limiti di potenza di calcolo e di dati che si possono raccogliere ed avere a disposizione. L’importante è capire quali utilizzare, quando farlo, e come farlo. Il punto è che se un imprenditore, oggi, ha in mente di digitalizzare l’azienda, ora ha a disposizione la tecnologia as a service che gli consente di svilupparlo, alle sue condizioni e con i suoi tempi, senza pesanti investimenti inziali. 

Noi come SIDI abbiamo sempre puntato sull’innovazione, fin dalla fondazione dell’azienda negli anni ‘ 70. Nel corso degli anni, dopo l’arrivo di Unix, sono arrivati sul mercato prodotti di imprese internazionali come SAP, e fu interessante notare come la spesa in ricerca e sviluppo di queste era superiore al fatturato dei 5 principali concorrenti italiani. Abbiamo quindi deciso nei primi anni ‘90 di diventare partner di queste grandi aziende invece che vendere un nostro sistema informativo. E nello specifico di SAP, di cui oggi siamo l’unico partner che tratta esclusivamente sue soluzioni, e non anche di altri vendor competitor.

Vi sono naturalmente motivi qualitativi per questa nostra scelta: SAP fornisce, infatti, la governance dello “zoccolo duro” del proprio sistema informativo. Poi si possono avere mille altre applicazioni integrate, ma SAP costituisce una base solida per crescere meglio.

Oltre a queste ragioni, vi è anche l’idea che sia importante sostenere un prodotto europeo. E in futuro, speriamo, anche in un cloud europeo.  

La trasformazione digitale è il vostro core business, inoltre so che avete fondato anche una startup innovativa al vostro interno, Jumpit

Esatto, perché SAP non si occupa di tutte le nicchie dei sistemi informativi, inoltre i nostri uffici di Milano si trovano proprio in mezzo alle startup del Politecnico, al Polihub, e con queste attraverso la nostra startup dialoghiamo

Credo sia una grande opportunità. Quando si ha un’attività si è molto focalizzati sul day-by-day, soprattutto se si tratta di una media impresa, e non si riesce a fare ricerca e sviluppo interno come fanno le grandi e quindi poter collaborare con una startup è un’occasione enorme per scoprire nuove applicazioni, nuove tecnologie che possono aiutare a fare evolvere il proprio modello di business e i propri servizi.

Voi collaborate con startup che si occupano anch’esse di sistemi informativi?

In realtà no. Faccio un esempio: in azienda abbiamo due aree in cui siamo forti, quella dei beni di consumo e agroalimentare e quella dell’energia, utilities e trasporti. Riguardo a quest’ultimo settore abbiamo relazioni con startup sia nazionali che internazionali che hanno ideato soluzioni molto innovative che possono essere applicate ai gestionali attuali. Per esempio nell’ambito delle comunità energetiche.

Si tratta di un tema strettamente connesso con l’IT, perché per gestire la generazione, la distribuzione, lo stoccaggio di energia ci vuole una piattaforma digitale

Avviare collaborazioni e sinergie con startup, o anche solo partecipare alle loro presentazioni apre la mente, a mio modo di vedere, oltre a consentire di abbinare al prodotto che si offre dei servizi aggiuntivi innovativi. 

Passiamo dalle nuove tecnologie ai nuovi mercati. Lei è Presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, e allora vorrei chiederle se le aziende italiane stanno approdando sui mercati africani, se c’è stato un cambiamento negli ultimi anni

Negli ultimi 20 anni l’Africa è stata dopo l’Asia il secondo continente per crescita. L’Africa oggi è caratterizzata da megatrends, quali: crescita demografica, urbanizzazione, sviluppo industriale tecnologico e digitale. 

L’opportunità che offre quest’area deriva dall’aver fatto negli ultimi 10 anni un salto di tecnologia, ovvero in questi Paesi hanno adottato la più recente senza passare da quella immediatamente precedente. La diffusione dei cellulari è capillare, cosa che favorisce qualsiasi business che utilizzi il canale mobile, l’età media è di vent’anni, quindi 25 anni inferiore all’Occidente. Un mercato con persone molto giovani e uno smartphone in mano presenta prospettive molto interessanti. 

È una grande occasione per le imprese italiane, perché non abbiamo una cultura invasiva, e spesso andando in questi territori portiamo progetti win-win, con benefici importanti per il territorio. 

Noi abbiamo partecipato e vinto una gara finanziata da Banca Mondiale nella principale azienda energetica senegalese che doveva digitalizzare tutta l’impresa. Così siamo diventati nel 2019 Best partner Cloud di SAP in Africa Subsahariana

Oggi abbiamo una società a Dakar e siamo presenti sul territorio africano anche in altri paesi. Questo progetto ci ha portato a lavorare con aziende senegalesi, marocchine, portoghesi e francesi, cosa che ci ha aperto ancora di più le vedute. 

Per il futuro pensa che gli investimenti italiani in Africa potranno aumentare? A cosa si dovrà stare attenti per non fare passi falsi?

Da qualche anno siamo in forte crescita. Dobbiamo imparare ad utilizzare il Sistema Paese Italia che funziona bene. Vi è Confindustria Assafrica e Mediterraneo che accompagna le imprese assieme al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale con la diplomazia economica. 

Vi sono, poi, Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Simest e ICE che da un punto di vista finanziario e assicurativo sostengono le imprese. Si deve evitare di andare da soli, visto che ci si ritroverebbe senza aiuto in un’area che non si conosce, anche perché l’Africa è vasta, e con Paesi molto diversi, alcuni già molto evoluti, e altri meno.  

Lei è anche Ceo di Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria, si tratta di un altro driver per l’innovazione delle imprese?

Pochi lo sanno, ma le Stazioni Sperimentali sono centri di ricerca e sviluppo che hanno più di 100 anni, e che hanno consentito la nascita dell’industria italiana. 

Infatti si occupano di settori come oli e grassi, combustibili e oli minerali, tessili e biomateriali, carta e ausili packaging ed altri. Una volta ogni centro era separato dall’altro, poi sono state aggregate in ogni territorio alle Camere di Commercio e a Milano è stata creata questa società, Innovhub, che quindi si occupa di ricerca e sviluppo per aziende italiane che operano in questi settori. 

Per esempio stiamo  facendo una ricerca sugli e-fuels. La combinazione di CO2 e idrogeno di origine rinnovabile, consente di produrre combustibili liquidi rinnovabili detti e-fuels. La ricerca che Innovhub sta conducendo su iniziativa di UNEM si prefigge di valutarne le potenzialità sotto il profilo tecnico ed economico nel panorama energetico italiano. 

Un’altra ricerca che stiamo conducendo è sulla contaminazione da oli minerali nelle filiere di produzione di oli e grassi vegetali. La ricerca la stiamo realizzando su iniziativa di Assitol e si prefigge di monitorare le filiere di produzione e di oli per individuare in quali punti avvengono le contaminazioni e suggerire miglioramenti finalizzati a ridurne. 

Questi esempi fanno capire quanto temi come ricerca e sviluppo, transizione digitale e transizione energetica si intrecciano fra di loro. 

La ringrazio molto dottor Dal Checco

Grazie a voi.

 


Potrebbe interessarti anche:

business management industry

Industria 4.0: i profili professionali più richiesti nel 2020

business management innovation economy

L'Innovation Manager: chi è, cosa fa, quanto guadagna

business management

Il cyber security manager: chi è, cosa fa, quanto guadagna