Investimenti innovativi verso il boom: sarà decisivo puntare sulle società innovative

Patrizia Saviolo & Laura Oliva 14/07/2020

Ci è voluta una pandemia di portata globale per rendersi conto che l’Italia (e non solo il resto del mondo...) pullula di startup e aziende innovative, potenzialmente creatrici di valore. Per gli scettici, ecco qualche dato del MISE:

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Ma ci è anche voluto un tam tam degli startupper italiani che a gran voce hanno chiesto al Governo, in piena emergenza COVID, misure incentivanti per le nuove iniziative imprenditoriali.

E qualcosa si è mosso, non solo sul fronte delle agevolazioni fiscali: non ci soffermeremo qui su questo tema, che pure è interessante e sul quale si è scritto molto nelle ultime settimane. Ecco infatti arrivare i PIR Alternativi, strumenti che si pongono l’obiettivo di convogliare i risparmi privati verso l’economia reale, fatta di molte imprese non quotate. Un altro passo avanti verso una trasformazione che non investe soltanto il nostro tessuto economico, ma finalmente (e ripetiamo...finalmente!) si propaga al settore finanziario.


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E l’entità degli investimenti che i PIR Alternativi dovranno effettuare nel mondo delle aziende non quotate è tutt’altro che trascurabile: 


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Avevamo affrontato il tema durante il lockdown con un blog a firma di Patrizia su Seekingalpha.com: HNWI e UHNWI che vogliono da tempo investire in nuove iniziative imprenditoriali, ma che spesso si confrontano con gestori ancora legati alle classiche asset allocation, dove la parola alternative asset class viene pronunciata di rado.

Ora qualcosa cambia. Interessante il webinar di Assogestioni dello scorso 15 giugno, in vista dell’Undicesima edizione del Salone del Risparmio, che punta i riflettori su investitori con un nuovo mindset e sul mondo finanziario che si sta preparando alla PIR Revolution. Tutti focalizzati a studiare e mettere in pista gli strumenti più idonei per rendere operativi i nuovi PIR. Ci si interroga se sia più opportuno un fondo chiuso o un Eltif...e lasciamo volentieri agli esperti questi importanti approfondimenti. Così come lasciamo nuovamente a loro gli ulteriori interrogativi che si stanno ponendo sulla clientela cui proporre questi investimenti e quale percentuale dei portafogli debbano occupare. Temi che trovano la loro non semplice risposta anche e soprattutto nell’ambito di ragionati Investment Policy Statement.

Le vere domande strategiche sono altre, a nostro avviso:

-         Come impostare un metodo e un processo di scouting delle imprese?

-         Come analizzare e valutare i singoli progetti?

-         Quali approcci utilizzare nella selezione?

Per rispondere alla prima domanda, basta guardare dove oggi le imprese propongono i loro aumenti di capitale: sulle piattaforme di Equity Crowdfunding (ECF).

Solo nel 2019 la raccolta complessiva degli imprenditori sulle piattaforme di Equity Crowdfunding è stata pari a 65 milioni di euro, con una crescita da capogiro (+ 78%) rispetto all’anno precedente.

Per rispondere alle altre due, è evidente che gli analisti abituati a fare stock selection tra le imprese quotate potrebbero non avere tutte le competenze per fare lo stesso lavoro sulle non quotate. E questo tema diventa ancora più complesso quando, anziché valutare una realtà con un business tradizionale, ci si avventura tra startup e PMI che non hanno fatturato, che “sognano” di diventare EBITDA positive, che non hanno competitor diretti e quando li hanno si trovano rigorosamente in continenti diversi, con logiche imprenditoriali e di investimento che ci sembrano altrettanto lontane.

Serve un cambio di passo, servono competenze nuove, metodologie nuove e nuovi interlocutori.

Del resto, sono gli stessi operatori della finanza “storica” ad ammettere candidamente la loro scarsa comprensione del fenomeno.

Eppure, è un momento in cui la credibilità e robustezza delle analisi può fare la differenza nel proporre ai clienti di aprire le porte ai veri e reali investimenti alternativi.

E allora come fare? Alleanze, alleanze, alleanze:

  1. con le piattaforme di crowdfunding in primis, per avere un ventaglio di proposte da analizzare
  2. con nuovi attori, professionisti che le startup le conoscono bene. Quelli che da anni lavorano al loro fianco mettendo a dura prova le assumption sui modelli di business e su quelli delle revenue, sulla scalabilità dei progetti e sulla loro appetibilità per i potenziali investitori, senza dimenticare le analisi finanziarie e le logiche di valutazione di questo strano mondo…

Con l’avvio dei PIR alternativi, che sono obbligati ad investire in capitale, prestiti e crediti di società non quotate, emerge con prepotenza la necessità di analisi adeguate agli standard degli investitori istituzionali. Il flusso di investimenti che sarà convogliato dai PIR alternativi è stimato in 15 miliardi nei prossimi cinque anni. Sono cifre importanti, che possono veramente cambiare lo scenario italiano.

Essere miopi su questi versanti può voler dire pagare un prezzo troppo alto per tutti: l’incapacità di convogliare risorse a quegli imprenditori che stanno cercando di cambiare in meglio questo Paese.

E’ tempo di agire. OGGI.


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