Bioeconomia: Italia terza in Europa, boom di startup nel 2020

Redazione BacktoWork 22/06/2020

I dati del nuovo rapporto di Intesa Sanpaolo sulla bioeconomia: aumentano sia il valore della produzione che il numero di occupati, grazie in particolare al contributo della filiera agro-alimentare. E cresce in modo significativo il mondo delle startup: nei primi due mesi del 2020 le aziende innovative iscritte all'apposita sezione del registro camerale sono per il 17% realtà attive nell'ambito della bioeconomia.

Un settore che coniuga crescita, innovazione e sostenibilità

"La bioeconomia costituisce un settore fondamentale per accelerare la crescita dell'economia italiana in sintonia con il percorso di Green New Deal lanciato dall'Unione europea" - si legge nel rapporto -. "Il modello italiano, basato su realtà piccole e ben radicate nei territori e nelle tradizioni locali, è stato in grado di esprimere una forte attenzione all'innovazione coniugata ad una crescente sensibilità ambientale, elemento imprescindibile nel mondo post-pandemia. Il sistema finanziario continuerà a dare un significativo contributo in questa direzione: la bioeconomia è uno dei settori chiave della regolamentazione per la Finanza sostenibile da poco introdotta dalla Commissione europea".

Secondo l'analisi condotta da Intesa Sanpaolo insieme ad Assobiotec e Cluster Spring, la bioeconomia - il sistema che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, per la produzione di beni ed energia - ha generato nel 2018 un output pari a circa 345 miliardi di euro, in crescita di oltre 7 miliardi rispetto al 2017 (+2,2%). Il confronto europeo colloca il nostro Paese al terzo posto in termini assoluti per valore della produzione, dopo Germania (414 miliardi) e Francia (359 miliardi) e prima di Spagna (237 miliardi), Regno Unito (223 miliardi) e Polonia (133 miliardi). 

Anche per quanto riguarda il numero di occupati, l'Italia si posiziona terza in Europa, con poco più di 2 milioni di addetti, dietro alla Polonia (2,5 milioni di occupati, prevalentemente nel settore agricolo) e alla Germania (2,1 milioni). 

Un apporto determinante arriva dalla filiera agro-alimentare, che genera oltre la metà della produzione e dell'occupazione a livello nazionale, con un peso sul totale europeo del 12% in termini di valore aggiunto e del 9% in termini di occupazione.

Sul fronte dell'innovazione, la ricerca conferma il forte e costante sviluppo delle startup registrato negli ultimi anni. Sulla base dei dati aggiornati a febbraio 2020, sono state censite 941 startup innovative nell'ambito della bioeconomia, che rappresentano l'8,7% del totale dei soggetti iscritti alla sezione speciale del registro delle Camere di commercio, quota che sale al 17% se si considerano le sole iscrizioni da inizio anno a fine febbraio. 

Oltre il 50% delle startup della bioeconomia è attivo nella R&S e nella consulenza (496 realtà censite), seguono il settore dell'alimentare e bevande (119 realtà) e quello dell'agricoltura (81 startup). 

L'Italia dell'agri-food e del biologico

La filiera agro-alimentare italiana, altamente integrata nel contesto europeo e con una crescente proiezione internazionale, è uno dei pilastri della bioeconomia e, oltre alla funzione primaria della nutrizione e della salvaguardia della salute, svolge un ruolo fondamentale per la protezione della biodiversità, la cura del territorio e la trasmissione dell'identità culturale. Rispetto ad altri settori, l'agro-alimentare conserva infatti una forte componente domestica: quasi l'80% del valore aggiunto della filiera è di derivazione nazionale, tanto che nell'agricoltura, silvicoltura e pesca, tra le prime 15 regioni europee per valore aggiunto ben sei sono italiane: Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Sicilia, Puglia e Campania (contro tre regioni spagnole, quattro francesi, una olandese ed una tedesca). 

A fronte di un tessuto produttivo molto frammentato, l'Italia dell'agri-food si caratterizza per due aspetti:

  • la ricchezza e varietà delle produzioni, espressione delle diverse specificità territoriali e delle tradizioni locali
  • la specializzazione in prodotti ad elevato valore aggiunto e di alta qualità, con il primato delle certificazioni DOP/IGP e il terzo posto mondiale in termini di quote di mercato nel food di alta gamma.

Innovazione di prodotto e di processo, attenzione alla sostenibilità e biodiversità sono i fattori che più di altri hanno contribuito al rafforzamento del settore. 

In termini di capacità innovativa l'alimentare e bevande italiano riveste un ruolo di primo piano nel panorama europeo: nonostante la ridotta dimensione, le imprese italiane presentano nel 2017, secondo stime su dati Eurostat, una spesa per R&S pari all'1% circa del valore aggiunto, in significativo aumento rispetto allo 0,6% del 2010. Questo dato colloca l'Italia sopra la Francia e la Germania e sotto i Paesi Bassi. E il nostro Paese occupa la seconda posizione tra i grandi player europei anche per quanto riguarda la percentuale di imprese dell'alimentare e bevande che hanno introdotto innovazioni di prodotto o di processo (49,2%).

Particolarmente rilevante è il peso assunto dall'agricoltura biologica. L'Italia è tra i leader europei, con quasi 2 milioni di ettari di terreni già convertiti o in corso di conversione al biologico, un'estensione di poco inferiore a quella di Francia e Spagna, ma molto maggiore in percentuale alla superficie agricola utilizzata (15,2%). Spiccano, in questo senso, alcune regioni del Mezzogiorno che primeggiano nell'ambito delle superfici coltivate con metodo biologico: le regioni più "bio" d'Italia sono Sicilia, Calabria e Puglia, che detengono il 47% dei terreni e il 53% delle aziende convertite al biologico. 

La certificazione biologica ha consentito alle imprese di ottenere migliori risultati sia in termini di crescita del fatturato che di redditività: l'analisi - basata su un campione di oltre 9.300 imprese dell'agro-alimentare italiano -  evidenzia come le aziende con certificazioni biologiche abbiano registrato una crescita del fatturato del 46% tra il 2008 e il 2018, quasi doppia rispetto al +25% delle aziende senza certificazioni. 


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